venerdì 10 gennaio 2014

Un'altra vita. La verità di Raffaele Cutolo.

Un'altra vita. La verità di Raffaele Cutolo.

RECENSIONE - Nel libro "Un'altra vita" di Francesco De Rosa, del 2001, con prefazione del vescovo Raffaele Nogaro, si parla della vita di Raffaele Cutolo ma anche della sua conversione, del modo in cui il suo spirito è cambiato, riservatamente, senza clamori e senza sbandierare pentimenti tardivi ed interessati.


Articolo a firma di Gaetano Ferrara per Conversione.org

Cutolo ha trascorso un'intera vita in prigione. A capo della NCO (Nuova Camorra Organizzata) che
Raffaele Cutolo con la moglie
Annamaria Iacone
aveva fondato, fu protagonista di vicende criminali nel decennio che va dagli inizi degli anni '70 agli inizi degli anni '80, prima che la sua organizzazione si sfaldasse. La fine della NCO è riconducibile a tre diverse cause interdipendenti: a) il venire meno dell'appoggio politico di cui Cutolo godeva ai tempi della reclusione nel carcere di Ascoli Piceno dove poteva beneficiare di ampi privilegi (l'appoggio politico venne a mancare dopo la liberazione di Ciro Cirillo da parte delle Brigate Rosse grazie proprio alla mediazione di Cutolo. Secondo una tesi riportata nel libro, si preferì ridurre Cutolo al silenzio rendendolo inoffensivo, disponendo il suo trasferimento nel carcere di massima sicurezza dell'Asinara, provvedimento fortemente voluto dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini); b) i duri colpi ricevuti sul fronte giudiziario in seguito alle rivelazioni dei pentiti (che proliferarono dopo il trasferimento di Cutolo nel carcere di massima sicurezza dell'Asinara) con inchieste che portarono al maxi-blitz del 17 giugno 1983 (in cui fu coinvolto anche Enzo Tortora); c) sul piano prettamente militare, il conseguente successo della Nuova Famiglia, organizzazione camorristica alleata della mafia siciliana che contendeva alla NCO il controllo del territorio.
La storia che si narra nel libro è per molti versi esemplare. Si tratteggia il profilo del capo di una organizzazione criminale spietata, agguerrita, che era giunto a divenire un interlocutore del potere politico e che poi, nella fase discendente della sua parabola - in seguito al suo matrimonio con Immacolata Iacone celebrato all'Asinara - giura sull'altare di lasciarsi per sempre alle spalle il passato e questa sua promessa sembra riuscire a vincolare la sua anima in eterno.
«[...] un uomo vero deve affrontare le colpe del suo passato con dignità e coraggio. La conversione deve essere dentro al proprio animo e si deve soffrire, anche per le tante colpe commesse da altri sulla mia pelle e sul mio animo. Il pentimento vero deve essere soltanto con Dio: giudice di tutti i giudici. Se non avessi creduto sempre e immensamente in Dio, già sarei morto. Gesù in croce è la vera cattedra di vita. E poi, monsignor Nogaro, a cui io voglio un bene dell'animo, ha sempre detto che la speranza deve essere invincibile.»
(Brano attribuito dall'Autore a Raffaele Cutolo, perché in corsivo nel testo, pp. 141-142)
Fu proprio Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta, ad assisterlo ed a seguirlo in questo percorso di rinascita spirituale. Il vescovo, interpellato dall'autore del libro, accenna alla conversione di Raffaele Cutolo ed approfondisce il tema della differenza che esiste tra la conversione spirituale e il "pentimento" giudiziario di tanti ex-criminali.
«L'uomo convertito, soprattutto l'uomo che si trova in carcere, è colui che cambia il cuore. Il pentito è invece colui che cambia soltanto politica, colui che è alla ricerca dell'interesse personale e di quello del suo gruppo e difende comunque la sua vita accusando gli altri dei suoi crimini. Il convertito è, invece, colui che ha l'anima nuova, che, secondo un concetto cristiano, segue la volontà di Dio e quindi cambia consuetudini, modi di pensare e comportamenti. Cambia quella vita che prima poteva essere ambigua, discutibile e che invece ora vuole essere una vita di testimonianza, retta, morale... cristiana»
(Parole di Raffaele Nogaro, riportate dall'Autore, p. 181)
«Chi è convertito cerca di non fare mai del male ai suoi fratelli perché la conversione non è semplicemente un atto a senso unico, un guardare la volontà di Dio, ma è un atto completo e riguarda tutta la morale umana e lo spirito umano. Cioè è una volontà di compiere il bene a ogni costo, quando costa anche fatica, proprio perché la conversione è una nascita nuova, un cambiamento di mentalità, di modo di vedere le cose e, soprattutto, una volontà nuova a fare del bene dovunque, comunque e sempre, contro quella furbizia, quella mercanteria spirituale che potrebbe, invece, essere il carattere del pentito, di colui che cerca il suo interesse.»
(Parole di Raffaele Nogaro, riportate dall'Autore, p. 182)
Riflettendo poi sul personaggio Raffaele Cutolo e sulla sua conversione, il vescovo Nogaro passa al nocciolo della questione:
«Io direi con la mia fede [...] che l'uomo è sempre un prodigio, ma un prodigio di bene. Forse ancora oggi non si riesce a pensare che un Cutolo, un uomo così famoso nel campo di un particolare stato di vita quale può essere quello del crimine, abbia avuto la forza interiore, la ricchezza mentale di diventare un nomo nuovo, di grande valore spirituale. A mio giudizio, Cutolo oggi è un uomo che vive la dimensione dello spirito nella forma più ampia. Questo dimostra che l'uomo è sempre in stato di grazia anche se manca; anche se in un periodo della sua vita, più o meno lungo, cede a ogni forma di tentazione, può sempre recuperare, può tornare completamente nuovo. Veramente l'uomo è colui che può nascere di nuovo. Un santo dice che il cristiano è colui che impara a diventare giovane. In questo momento io dico che Raffaele Cutolo, proprio per le tante sofferenze che subisce, forse non si sente diventare giovane, ma ha una sensibilità morale, una coscienza talmente libera per cui si può dire che oggi è più giovane di quando è entrato in carcere... perché si è convertito.»
(Parole di Raffaele Nogaro, riportate dall'Autore, p. 183)
Il tema fondamentale del libro è proprio questo cambiamento nell'animo di Raffaele Cutolo. E' ancora un boss della camorra che vuole restare fedele fino alla fine col suo personaggio oppure è un uomo rinato che desidera espiare sulla propria pelle e sommessamente le proprie colpe, rifuggendo dalla tentazione di avere una vita facile, una nuova esistenza, semplicemente richiedendo di entrare nel programma di protezione previsto per i "pentiti"?
La perplessità che suscita il libro è proprio questa. Ci si può convertire senza "pentirsi", nell'accezione giudiziaria del termine?
La risposta risiede nel cuore di ogni uomo.
Noi lettori possiamo o meno esprimere un giudizio su questo tema ma è doveroso per ognuno riflettere sul cambiamento che c'è stato nell'animo di Raffaele Cutolo, il capo di una organizzazione criminale responsabile di reati gravissimi e delitti efferati che riscopre la scintilla che continuava ad ardere, profondamente, nel suo animo ed essa innesca il fuoco della sua conversione e della sua rinascita spirituale.
E' lecito nutrire diffidenza sul percorso di crescita interiore narrato nel libro di De Rosa, tuttavia le parole del vescovo Nogaro, persona di alta statura spirituale ed umana, devono predisporci alla fiducia; ci presentano il percorso tratteggiato nel libro come credibile e degno di considerazione.
Se escludiamo due brevi periodi di latitanza, Raffaele Cutolo è in carcere quasi ininterrottamente dal 1963. E' nato nel 1941.

Cerchiamo di giudicare la sua vicenda tenendo presente due fatti fondamentali. La prima considerazione è in relazione alla recentissima scelta di papa Francesco di eliminare l'ergastolo per il territorio che ricade sotto la giurisdizione dello Stato del Vaticano probabilmente perché esautora la funzione stessa della detenzione che dovrebbe essere finalizzata alla rieducazione di colui che è in carcere con la prospettiva di rendere possibile, un giorno, il suo reinserimento sociale. La legislazione dello stato italiano potebbe prendere esempio da questa scelta motu proprio di papa Francesco.
La seconda considerazione è in rapporto alla petizione online lanciata del centro Don Peppe Diana per la liberazione di Cutolo e l'applicazione di misure alternative al carcere. E' indicativa la circostanza che sia stato proprio un coordinamento anticamorra, ispirata all'azione ed al pensiero di un sacerdote ucciso dalla criminalità organizzata per il suo impegno a favore della legalità, a promuovere questa iniziativa dal carattere umanitario.
Quando questo articolo è stato pubblicato, Raffaele Cutolo ha quasi 73 anni e ne ha passati 50 in carcere e da 21 anni è in regime di 41-bis, il carcere duro.
Comprendiamo le perplessità ed il dolore che l'eventuale applicazione di misure alternative al carcere possa generare nell'animo dei familiari delle vittime di Raffaele Cutolo e dell'organizzazione criminale della quale era ai vertici, tuttavia non perdiamo mai di vista la prospettiva cattolica: ogni uomo ha il diritto di rinascere, in qualsiasi momento, se vive una conversione vera, autentica, dopo aver pagato il suo debito con la giustizia. Non sappiamo se il debito con la giustizia Cutolo lo abbia pagato sufficientemente tuttavia in Italia, probabilmente, nessuno è stato in carcere quanto lui.