giovedì 9 marzo 2017

Storia della Mafia a Brescia: Cutolo ospite sul Garda a Pizza connection

Nel ‘77 Cutolo trovò rifugio sul Garda e la N’drangheta faceva cresime sul Sebino.Pedana fu trovato incaprettato a Lonato, il cadavere di Antonio Messina sul lago d’Iseo

di Marco Toresini
(Corriere della Sera)

Raffaele Cutolo
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Il collaboratore di giustizia , prima di fare il narcotrafficante al soldo delle famiglie Caruana - Cuntrera in Sud America, aveva preso casa a Soiano in un’anonima villetta, come anonimo era il suo lavoro di rappresentante di biancheria, una bella copertura per uno come lui, uomo di camorra. Uomo fidato di Raffaele Cutolo, leader della nuova camorra organizzata, che in quella villetta dell’entroterra gardesano trovò rifugio (così raccontò il pentito) negli anni ‘77 - ‘78 dopo la fuga da Poggioreale. Anni lontani che testimoniano però come Brescia ha a lungo rappresentato un luogo sicuro per fare affari, per nascondersi nei tempi di burrasca, per trovare le coperture giuste. Le cronache giudiziarie raccontano come Brescia e il suo territorio non sia mai stato una zona franca per la criminalità organizzata.
Il buen ritiro bresciano e i regolamenti di conti
Al contrario ci hanno riferito come la ‘Ndrangheta avesse messo piedi piuttosto stabili in Valtrompia e a Lumezzane (con le feste per cresime e battesimi nei ristoranti del Sebino trasformati in veri e propri summit tra boss mafiosi) o come, in una lussuosa villa di Concesio, un imprenditore finì tra i personaggi di spicco dell’inchiesta «Pizza Connection», la prima grande inchiesta su «Cosa Nostra» tra l’Italia e New York. Brescia negli anni è diventato il rifugio per chi doveva cambiare aria, anche solo per sfuggire alle guerre tra cosche di una Milano tentacolare, o per chi in terra bresciana doveva regolare certi conti. Allora il lago di Iseo diventava un’ottima tomba dove inabissare personaggi diventati troppo scomodi o il luogo di gialli intricati. Come quello legato al corpo di Antonio Messina, fuggito dalla Sicilia, trovato nel settembre del ‘91 da un cercatore di funghi nei boschi di Sale Marasino. Lo stato di decomposizione del cadavere era talmente avanzato che all’indomani del ritrovamento si presentò ai carabinieri per riconoscerlo un amico con casa nell’hinterland di Milano. Cosa fosse accaduto a Messina lui non lo disse e si portò il segreto nella tomba visto che fu il secondo morto di una serie di feroci esecuzioni che misero a ferro e fuoco la periferia meneghina.

Far West nella Bassa Bresciana
E che dire dell’esecuzione di Adolfo Pedana di Villa Literno, trovato incaprettato, nel novembre del ‘95, nella sua auto abbandonata nelle campagne di Lonato e data alle fiamme da persone rimaste senza identità? Negli anni, però, Brescia diventò non solo terra di scorribande, ma anche frontiera di conquista per gli interessi economici di chi aveva soldi sporchi da riciclare. Così in una serata da Far West nella Bassa bresciana (era il settembre del ‘98) si scoprì che l’uomo freddato nel parcheggio di un centro commerciale a Roncadelle e quello bruciato nell’auto nelle campagne di Brandico erano un ex manager della municipalizzata di Taranto e un avvocato pugliese interessati all’acquisto di alcuni hotel sul lago di Garda e uccisi da un boss di Marcianise in soggiorno obbligato nel Bresciano. Regolamenti di conti tra gruppi di fuoco anche se, è noto, gli affari veri si fanno in silenzio e le aziende si conquistano senza clamori. Tra un sub appalto e un’operazione finanziaria. Tra connivenze e coperture. Perché si sa: il denaro non ha odore.

mtoresini@rcs.it
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